
05 Lug “Fai della tua vita un sogno, e di un sogno una realtà”
Questa è la citazione del Piccolo Principe che recita la targa all’ingresso della cantina Col di Lamo. “Un libro considerato per bambini, che invece è da adulti”, dice la padrona di casa di questo piccolo regno matriarcale, Giovanna Neri, dopo averci accolto.
Questo piccolo gioiello immerso nelle colline del versante nord di Montalcino, a due passi dalla Val d’Orcia Patrimonio Mondiale Unesco, è un’azienda dall’animo femminile, in un mondo prettamente maschile come quello del vino.
Un mondo in cui lei ha saputo distinguersi non senza ostacoli, “scontrandosi con convenzioni e tradizioni, perché è un ambiente maschile in cui le donne vengono usate più per immagine o per una questione di marketing, ma le famiglie preferivano tramandare le aziende da uomo a uomo. Ma se nessuno mai si ribella, non si va avanti nel mondo”.
E Giovanna spera che il futuro di Col di Lamo continui ad essere una magnifica eccezione, con un passaggio di consegne che potrebbe coinvolgere la figlia Diletta, già attiva nella gestione dell’azienda, “anche se la situazione è diversa rispetto a 20 anni fa, in fondo io ho iniziato da un garage, due capanne e due fienili”.

Parlando di storie di successo, l’imprenditrice ci interrompe: “Non si parla mai di successo. Perché quando hai raggiunto un obiettivo, ce ne sono sempre molti altri da raggiungere!”

Eppure, il successo è indubbio, nonostante le scelte forti e che “il 99% delle persone all’inizio non ha capito, come tutte le volte che c’è innovazione”. Ma oggi questa identità è inconfondibile, con una cantina modernissima di cemento e vetro, e il color arancione che è il marchio di fabbrica della brand identity. Le etichette dai toni quasi fluo devono aver creato non poco scompiglio nel tradizionale mondo vitivinicolo ilcinese.
Per un’azienda che si regge sulle spalle della sola Giovanna, le mille storie legate all’export sono spesso storie di avventure non sempre semplici. “Ecco ho questo ricordo di questo viaggio in Arizona da sola alle tre di notte, mi è successo di andare all’aeroporto per poi scoprire che era l’aeroporto sbagliato, perdendo la valigia. Ho comprato spazzolino e vestiti d’emergenza ma sono arrivata dall’importatore vestita in modo terrificante, lo stile italiano addio!”
Per fortuna che l’ambiente del vino è un mondo amichevole e disteso, perché il vino è “un conduttore di amicizia. È un po’ come nel Vangelo: il primo miracolo è stato alle nozze di Cana, a un matrimonio non poteva mancare il vino perché dove non c’è vino non c’è festa”.

Non si può che concordare con Giovanna quando ci spiega quale è secondo lei il più grande pregio del vino italiano, visto il posto incantevole dove si trova Col di Lamo. “Il vino italiano è sempre legato a dei territori meravigliosi. L’Italia è bella…è una meraviglia! Non siamo un paese con un solo vino e un solo piatto, in ogni regione abbiamo piatti diversi e vitigni diversi, che – incredibilmente – sono sempre perfettamente abbinati tra di loro”.
Tuttavia, questa straordinaria bellezza diventa anche un tallone d’Achille in quello che è considerato dalla padrona di casa il più grave difetto del vino italiano, ovvero l’incapacità di comunicare questo splendore. “Tu vai da una regione a un’altra e dovresti sapere, oltre ai 5 vini più famosi al mondo, che quando vai nelle altre regioni e ti avvicini ai loro vitigni trovi dei gioielli, fatti da degli artigiani, perché li trovi solo lì.”
Quello che dovrebbe passare, quindi, è l’assoluta unicità dell’esperienza vinicola italiana, fortemente legata al territorio.
“Cioè, se vieni tra queste colline e ti bevi un Brunello di Montalcino, o vai al Sud e ti bevi un bianco dell’Etna all’ombra del vulcano… Ma che c’è di meglio?”