
25 Lug Il mercato del vino in Cina torna a crescere? Ecco i nuovi dati della dogana
Come si è evoluto il mercato del vino in Cina in questa prima metà del 2022? Difficile dare risposte esaustive, ma si può provare a interpretare gli ultimi dati pubblicati dalla dogana cinese (CAWS) sulle bevande alcoliche importate da gennaio a maggio 2022.
I dati precedentemente pubblicati, riguardanti i primi tre mesi dell’anno, non includevano i due mesi di lockdown della metropoli di Shanghai, pertanto c’era un senso di attesa nel settore di poter avere un quadro più chiaro e oggettivo della situazione, che tenesse conto del prevedibile impatto sui consumi di misure tanto dure come quelle imposte dal governo cinese per tenere a bada la diffusione della pandemia.
Qual è dunque il quadro dipinto da queste ultime informazioni condivise dalla dogana cinese? Vediamolo insieme.
Le restrizioni dovute al Covid19 hanno provocato non solo gravi disagi interrompendo le normali modalità di consumo, ma anche ristrettezze economiche che hanno costretto molti a rinunciare a una spesa considerata superflua come quella in bevande alcoliche. Anche per coloro che volevano concedersi il piacere di un calice casalingo, hanno spesso incontrato difficoltà dovute all’effetto collo di bottiglia verificatosi nella logistica, che ha reso ferruginosa la circolazione delle merci.
L’effetto è evidente nel calo generalizzato delle importazioni di bevande alcoliche registrato in questo periodo: -63,13% in volume e -24,77% in valore, un crollo importante che vede l’ingresso nel paese di solo un terzo delle bevande alcoliche importate nello stesso periodo dello scorso anno.
Per fortuna, il vino ha avuto una diminuzione più contenuta in proporzione, per un volume totale di 147.714.271 litri (-15.39%) e un valore totale di 592.843.069$ (-13.71%). Il vino, che rappresenta il 37,6% del valore totale delle importazioni totali di bevande alcoliche, mantiene saldamente la sua posizione sul podio come seconda bevanda d’importazione per valore dopo i superalcolici, seguita dalla birra.
Le perdite nelle importazioni di vino imbottigliato sono state più pesanti (-22.39% in volume e -16.39% in valore). Questi dati negativi sono parzialmente mitigati dalla crescita dello sfuso, che registra un +2,15% a volume e un +26,61% a valore, sebbene lo sfuso resti una parte molto limitata del business, solo il 9.13% del totale del valore (54.141.900$).
Gli sparkling, che hanno molto attirato l’attenzione degli operatori del settore negli ultimi tempi, restano tutto sommato una nicchia di mercato, con il 6% del totale imbottigliato – seppure non sia assolutamente da sottovalutare: la quota di mercato è raddoppiata in appena due anni, visto che nel 2020 rappresentava appena il 3%.
La forbice tra differenziale di volume e valore è particolarmente ampia per questa categoria (-30.54% a volume contro -14.82% a valore), il che dimostra una prosecuzione del trend di aumento del prezzo medio. Nello specifico, alcuni osservatori nel paese segnalano una fine del lungo predominio del moscato di fascia bassa nel settore dei vini spumanti, con una sempre più decisa emersione di altre tipologie di bollicine, quali Prosecco, Franciacorta o Trento DOC.
Il mese di maggio ha rappresentato un sospiro di sollievo per il mercato del vino, che ha dato segnali positivi che sono stati accolti con entusiasmo anche dalla stampa di settore italiana. Infatti, i dati del singolo mese vedono una crescita delle importazioni vinicole del +11,8% a volume e del +12,2% a valore. Questi dati sono principalmente trainati dallo sfuso (+77,2% a volume, +80,9% a valore) e dall’imbottigliato sopra i due litri (+43,6% a volume, +47,2% a valore), contro performance più modeste dell’imbottigliato fermo (che diminuisce del -10,7% a volume ma cresce del +8.3% a valore) e frizzante (-7.3% a volume, -4.5% a valore).
Un risultato particolarmente positivo del mese di maggio su cui vale la pena di porre l’attenzione è la crescita del 21,3% del prezzo medio del vino imbottigliato fermo, importante soprattutto nell’ottica della sfida che si trova ad affrontare il vino italiano in termini di valore e percezione dello stesso.
In conclusione quali sono i principali trend del mercato? E quale sarà il futuro del vino in Cina?
I dati ci confermano due trend che si delineano già da vari anni:
- La premiumizzazione del mercato: l’inesorabile aumento del prezzo medio e la sempre più forte estromissioni dal mercato di una grande quantità di vino di fascia bassa in favore di prodotti qualitativamente più validi come le DOC e le DOCG.
- La crescita delle bollicine: sebbene rappresentino ancora un mercato di dimensioni relativamente esigue, gli sparkling sono comunque l’unica categoria, in un settore che si contrae ininterrottamente dal 2019, che cresce e conquista quote di mercato. Vale la pena valutare un investimento.
Cosa ci possiamo aspettare dal futuro invece?
- È ragionevole pensare che i dati positivi di maggio siano dovuti solo in parte a una ripresa dei consumi, mentre da un’altra parte a un’impennata causata dall’improvviso sblocco della logistica alla fine del lockdown di Shanghai.
- Il mercato è ancora dominato da una generale incertezza: nelle ultime settimane nuove restrizioni sono state inflitte a Macao e nello Henan.
- La crescita registrata a giugno è stata di appena lo 0,4%, i numeri più bassi registrati dalla Cina dal 2020, quindi non ci si aspetta nel brevissimo periodo una ripresa vigorosa dei consumi.
- Tuttavia è auspicabile che un forte sforzo condiviso di stato e attori economici provocherà una ripresa il prima possibile, già nell’autunno, e i cinesi torneranno a stappare vino italiano liberamente e serenamente. La fine dell’autunno, periodo degli ordini di vino per il capodanno cinese, sarà il banco di prova di questa ripresa.
La Cina è un mercato che nessuna azienda del vino può permettersi di ignorare. Conoscere il presente di questo mercato può essere la chiave per comprenderne il futuro e conseguire un vantaggio strategico sui competitor.