
05 Ago “Un Lugana fresco fresco fresco”
A due passi dalle sponde del Lago di Garda si intravede una piccola cantina immersa nel verde. Al suo interno, la proprietaria osserva e sorveglia attentamente la sua azienda, con l’affetto di una madre apprensiva.

Questa donna è Ambra Tiraboschi, co-proprietaria insieme al marito Franco di una delle eccellenze del Lugana, Ca’ Lojera. La sua esperienza imprenditoriale nasce e cresce di pari passo con l’amore per il marito, che ha seguito gettandosi nel settore dell’agricoltura.

Non senza difficoltà, nonostante l’energia e la determinazione della gioventù, poiché “il momento peggiore e più difficile da superare è stato proprio all’inizio della nostra vita perché come Lugana eravamo completamente fuori mercato, fuori conoscenza del nostro lavoro. In pratica avremmo voluto essere semplici viticoltori e siamo invece dovuti diventare produttori di vino, e dopo abbiamo dovuto imparare a venderlo!”
Due fattori hanno aiutato a sconfiggere ogni difficoltà, da un lato la mentalità condivisa con Franco di “vivere sempre il qui e ora”, dall’altro il fatto di lavorare in un bel settore, dove ci si aiuta a vicenda, consci del fatto che bisogna tutti sottostare alla natura. “La natura ci insegna a tremare, come stanotte per un temporale, condividendo una telefonata nelle ore notturne con qualche collega che ti dice ‘Ma secondo te grandinerà o no?’ Ecco, queste sono le emozioni che ti vengono in questo settore in cui tutto ciò che noi abbiamo è fuori, all’aperto.”
Ca’ Lojera ha portato Ambra anche in giro per il mondo, dove non sono mancate le avventure, due in particolare capitate a New York, una nata da una difficoltà e l’altra da un’immensa gratificazione. “La natura ci insegna a tremare, come stanotte per un temporale, condividendo una telefonata nelle ore notturne con qualche collega che ti dice ‘Ma secondo te grandinerà o no?’ Ecco, queste sono le emozioni che ti vengono in questo settore in cui tutto ciò che noi abbiamo è fuori, all’aperto.”
Ca’ Lojera ha portato Ambra anche in giro per il mondo, dove non sono mancate le avventure, due in particolare capitate a New York, una nata da una difficoltà e l’altra da un’immensa gratificazione.
Siamo all’inizio della carriera, “anche come comunicatrice del mio vino”. C’è una buona conoscenza della lingua inglese “ma non dei vocaboli tecnici per spiegare i miei vini, e allora avevo imparato questo “mantra” e quando mi chiedevano di raccontare il mio vino io dicevo ‘è fresco fresco fresco’”, e questa espressione triplicata, ingenua e ricca di colore, si è impressa nel profondo della memoria di alcune di queste persone, che “a distanza di 30 anni mi dicono ma il tuo Lugana è sempre fresco fresco fresco?”
L’altra avventura invece si svolge a Staten Island, qualche anno dopo, quando i vini Ca’ Lojera hanno già un importatore negli Stati Uniti. Sulla bottiglia della Riserva del Lupo, Ambra ha fatto apporre un QR Code, una scelta che, 15 anni fa, era a dir poco all’avanguardia, e che infatti si fece notare. “Vado con un cliente al ristorante, ed entrando due giovani mi hanno riconosciuto e hanno chiesto di avere un tavolo vicino a me e per tutta la sera io non ho potuto fare altro che restare a loro disposizione. Non avrei mai immaginato di essere riconosciuta camminando all’altro capo del mondo – non mi capitava neanche a Sirmione!”

Su quale fosse il punto di forza e di debolezza del vino italiano, Ambra ritiene che siano due facce della stessa medaglia: l’incredibile varietà e diversità del panorama vitivinicolo italiano. “Le varietà nel vino assomigliano ai borghi, alle città, alle personalità, al nostro modo di essere, che uno sia di Bolzano piuttosto che di Palermo. Insomma alla nostra effettiva diversità! Però costituiscono un problema perché dove non c’è massa critica è difficile fare la vendita”, non certo per mancanza di qualità, ci tiene a precisare.
Ed è proprio quello che ha visto succedere in passato al Lugana, dove “eravamo talmente pochi e con talmente poca superficie vitata che era difficile fare comunicazione o anche solo reperire i soldi per farla”.
“Nelle nostre frammentazioni c’è una fragilità enorme”. Un auspicio per il futuro? Che questi piccoli “artigiani” possano imparare a mettere da parte l’individualismo e fare gruppo.